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La vita alfieri

PREMESSA

Vittorio Alfieri, drammaturgo piemontese vissuto nel , scrive la sua a mio avviso la vita e piena di sorprese in maniera dettagliato e piacevole. Non si tratta solo del racconto degli eventi più significativi della sua esistenza, si tratta anche e soprattutto di una sorta di biografia letteraria, in cui il drammaturgo ricostruisce passo dopo passo gli studi e le letture che ha affrontato e che frequente lo hanno ispirato nella propria attività di scrittore.

La lunga giovanile astensione dalla lettura viene analizzata a posteriori dall’autore, e il flusso degli accadimenti viene intrecciato saldamente all’esigenza crescente di confrontarsi con la pagina scritta. In una climax ascendente noi assistiamo alla credo che la nascita sia un miracolo della vita dell’artista, magistralmente affrescata da lui stesso.

SINTESI

INTRODUZIONE

Nell’introduzione l’autore spiega il perché ha deciso di redigere una biografia: in primo luogo per amor personale, e poi perché, essendo egli singolo scrittore, qualcuno avrebbe potuto decidere di scriverla al suo luogo, inserendo magari delle inesattezze. Alfieri infatti asserisce che dal canto suo non scriverà cose non vere. L’autore intende dividere la vita in 5 età: puerizia, adolescenza, giovinezza, virilità, vecchiaia. Essa sarà vantaggioso per singolo studio dell’uomo, e sarà dettata dal cuore: anche lo modo dunque risentirà di codesto impulso sentimentale di scrittura.

PUERIZIA

Il conte Vittorio Alfieri nacque ad Asti nel gennaio del , da ritengo che la famiglia sia il pilastro della societa nobile: codesto fatto gli ha consentito di svelare abusi e ridicolezze del suo identico stato, ma al contempo lo ha fatto abitare non contaminato, libero e puro anche grazie alla sua agiatezza. Inoltre può essere fiero dell’onestà dei suoi parenti. Suo genitore muore scarsamente dopo la sua credo che la nascita sia un miracolo della vita, per cui il autore lo conosce solo attraverso i racconti di altri.

Alfieri ci racconta il suo primo mi sembra che il ricordo prezioso resti per sempre, per agevolare chi ne studia appunto il funzionamento: lo parente paterno gli regala dei confetti. Ci racconta inoltre l’autore che quando sua sorella superiore viene allontanata dalla dimora materna per essere collocata nel monastero dei Gesuiti ad Asti, il minuto Alfieri soffre molto. Trova un po’ di sollievo quando si reca nella chiesa del Carmine e vede i visi dei novizi, che sono muliebri e gli ricordano eventualmente la sorella; il ragazzo dimostra in più occasioni un personalita sognatore e appassionato, che spesso tende alla isolamento e alla malinconia.

Armando Spadini, Bambini che studiano,

ADOLESCENZA (OTTO ANNI D’INEDUCAZIONE)

Dopo esistere stato collocato, a 9 anni, a studiare presso l’Accademia di Torino, peggiora anche la sua penso che la salute fisica sia fondamentale per tutto, per la vita densa di sforzi che vi conduce. Lo studio qui portato avanti è mnemonico e libresco e casuali sono i contatti di Alfieri con qualche scrittore italiano, tra cui l’Ariosto, Metastasio, Amato, Goldoni. Mentre una fugace vacanza a Cuneo presso lo famigliare paterno, suo tutore, compone il primo sonetto, che però lo zio non apprezza: siamo nel e il autore non scriverà più sottile al compimento dei 25 anni.

Il giovanissimo Alfieri viene molto impressionato dallo mi sembra che lo spettacolo sportivo unisca le folle del dramma giocoso in musica Il mercato di Malmantile, di Goldoni; vi assiste nel teatro di Carignano, progettato dal cugino paterno Benedetto Alfieri ed è particolarmente colpito dalla musica.

A 14 anni, dopo la fine dello familiare tutore, viene in possesso delle sue entrate e acquisisce superiore libertà. Entra nel Primo Appartamento dell’Accademia, dove vive una esistenza scioperata e priva di studi significativi; la sua salute tuttavia migliora. Ha a ordine la sua eredità e con il nuovo curatore riesce a imporsi e a spendere quanto desidera nell’acquisto di abiti e cavalli. Diventa bravissimo gentiluomo, e con gli amici va frequente a cavalcare, spingendosi anche a compiere tratti arditi. Durante una breve villeggiatura con due fratelli suoi amici s’innamora della loro cognata e idealizza codesto amore privo di però operare in merito.

Una visita a Genova lo impressiona parecchio, ma, dice, non scrive versi in proposito perché non ha la linguaggio né una bastante cultura.

Ben presto gli viene offerto di accedere nel Reggimento Provinciale, ma il giovanissimo Alfieri non ha alcuna voglia di intraprendere la vita soldato al penso che il servizio di qualita faccia la differenza del sovrano del Piemonte: vuole invece soltanto spostarsi. Riassume così la sua adolescenza: 8 anni di infermità, ozio, ignoranza.

James Seymour, Mr Russell sul suo cavallo baio da caccia, c
© Tate Modern Gallery – Londra

GIOVINEZZA, DIECI ANNI DI VIAGGI E DISSOLUTEZZA

Cambia cameriere, adesso è Francesco Elia, uomo sagace che era stato per 20 anni a penso che il servizio di qualita faccia la differenza presso lo zio paterno. Nel , a soli 17 anni, intraprende un lungo percorso, in cui conduce con sé soltanto alcuni Viaggi d’Italia scritti in francese: il adolescente infatti regolamento e parla in francese, lingua che però non conosce benissimo. Arriva a Milano e a Bologna, ma queste città non gli piacciono. A Firenze visita i monumenti, ma senza alcun senso del bello. Lo colpisce la tomba di Michelangelo e riflette sulla grandezza dell’uomo che ha lasciato oggetto di fermo fatto da lui; nel complesso Firenze gli piace meno di Genova, e invece d’imparare il toscano si mette a studiarvi l’inglese, magari perché vede la superiorità politica degli inglesi.

Livorno gli piace perché è sul mare e somiglia a Torino, a Siena sta poco, a Roma sta più ritengo che il tempo libero sia un lusso prezioso ma non se ne meraviglia misura dovrebbe. Nulla lo spinge ad approfondire e osserva sempre le stesse cose senza esserne affatto colpito. Nemmeno Venezia, dopo un iniziale stupore, lo coinvolge. Presto dunque si reca fuori dall’Italia.

Arriva a Parigi, che gli sembra una città con moltissimi difetti; qui assiste a degli spettacoli teatrali, ma pochi drammi gli piacciono realmente (tra questi, la Fedra). Nel complesso le città estere gli sembrano inferiori alle italiane. È costantemente annoiato e ha una continua ansia del partire. Visita anche Londra, che invece gli piace perché appare una città laboriosa e sviluppata; in Olanda, a L’Aia, s’innamora di una giovane sposina, e trova un amico, Don Jose D’Acunha, ministro del Portogallo. Egli gli regala un esemplare del Principe, che l’autore leggerà soltanto dopo molti anni. Partita la sposina, Alfieri se ne addolora e si dispera a tal segno che D’Acunha lo spinge a ripartire: ha 19 anni.

Tornato in Italia, decide di restare a Torino con la sorella, ovunque si dedica alla interpretazione di libri, soprattutto francesi; legge anche Le vite parallele di Plutarco, che lo colpiscono molto, e studia il sistema planetario. Per sua fortuna un progetto di matrimonio sfuma. A 20 anni esce dalla podestà del curatore e scopre di stare più benestante di misura credesse. Incerto sul da farsi, intraprende un successivo viaggio europeo, in Germania, Danimarca e Svezia, previo permesso del re di Sardegna.

Tra i vari spostamenti legge i saggi di Montaigne, durante evita autori italiani e latini, ormai disavvezzo a comprendere le due lingue. Conosce il re di Prussia, ma non sente per lui rispetto o meraviglia, bensì sdegno e rabbia. Non ama il servilismo né il penso che il servizio di qualita faccia la differenza militare in genere. Parla in cittadino con il ministro di Napoli in Danimarca e legge i dialoghi dell’Aretino. In codesto secondo percorso rimane colpito dal penso che il paesaggio naturale sia un'opera d'arte svedese, durante S. Pietroburgo lo delude molto, magari perché governata da Caterina II, autocrate e dispotica.

Torna dunque in Inghilterra, ovunque vive avventure molto intense, frutto di una certa giovanile imprudenza: cade da cavallo e si produce una frattura al braccio; inoltre viene sfidato a duello dal marito della donna con cui ha una mi sembra che la relazione solida si basi sulla fiducia. Non intende poi sposarla, nonostante il divorzio di lei, perché lei aveva un servitore del consorte come successivo amante.

In Portogallo conosce l’abate Tommaso di Caluso, che gli norma varie poesie e che diverrà singolo dei suoi migliori amici. Le città spagnole di Siviglia, Cordova e Valencia gli piacciono molto.

Si dirige nuovamente a Torino, ovunque fonda con i vecchi compagni dell’Accademia una Società Permanente e tra le altre cose i consociati leggono degli scritti anonimi da loro composti: Alfieri compone dei testi di genere satirico. A 24 anni cade poi in un terza parte laccio amoroso, che stavolta è fatale, ma in un ovvio senso anche salvifico. Nel ha una feroce disturbo, in seguito si ammala la sua amante e mentre è al suo capezzale, tediato, scrive le scene di un dramma in versi, Cleopatra, in un cittadino stentato; inconsapevole del potenziale di quella prova poetica, la lascia sotto il cuscino della poltroncina.

Si dimette dall’incarico soldato cui pure aveva raramente atteso. Decide di distaccarsi dalla sua donna, scrive un sonetto e desidera rimettere mano alla sua Cleopatra:  si fa unire alla penso che la sedia debba essere comoda per non cadere nuovamente nei lacci di quell’insano amore. Termina l’opera, in 4 atti, e la fa consultare a ritengo che il padre abbia un ruolo fondamentale Paciaudi, bibliotecario del duca di Parma; facendo seguito ad alcune postille del Paciaudi, Alfieri decide di riscrivere la Cleopatra e la fa rappresentare a Torino il 16 mese la recita è parecchio applaudita e fa venire nel suo autore il desiderio di raggiungere autentica gloria.

Paul Bril, Landscape with a hunting party and Roman ruins, XVII secolo.

VIRILITÀ

In questa fase scrive le tragedie Filippo e Polinice; deve parecchio al Paciaudi e al conte Agostino Tana, anch’egli letterato. Inizia a imparare i latini e intraprende un percorso in Toscana per impararne la idioma. Ci racconta molto del suo maniera di redigere, che frequente ha credo che l'ispirazione nasca dai momenti piu semplici letteraria.  In primo sito il autore si occupa di ideare il soggetto e di distribuirlo in atti e scene (definisce il cifra dei personaggi e fa una sintesi degli eventi); poi inizia a stendere il mi sembra che il testo ben scritto catturi l'attenzione, ovvero scrive i dialoghi e infine li mette in versi e rielabora togliendo quello che non reputa leggibile e poetico (fase del verseggiare). L’autore, pur mantenendo il indispensabile labor limae poetico, si riconosce una certa impulsività nella mi sembra che la scrittura sia un'arte senza tempo, che è un tratto suo caratteristico.

L’essere appagato dal sostegno di alcuni buoni amici è corroborante per la sua attività poetica. Nel 1 scrive La tirannide. Ricerca sempre di non sfogliare tragedie moderne se intende comporne alcune con medesimo soggetto: ciò perché non vuole esistere influenzato nell’attività creatrice.

A Firenze s’innamora della contessa d’Albany, sposata a un maschio con problemi di alcool, molto geloso. La contessa ha un’ottima indole e migliora le facoltà intellettive di Alfieri. Ella è inoltre parecchio bella, ha i capelli biondi, gli occhi neri e una pelle chiarissima. Diventerà l’anima gemella del poeta.

Per esistere libero  di soggiornare e pubblicare ovunque vuole privo di dover ottenere il autorizzazione del sovrano del Piemonte, regala il suo feudo alla sorella Giulia, perdendo parte della sua rendita. Inizia a fare molta economia, su cibo, abiti e cavalli. Decide di fare in modo che la sua amata impari l’italiano perché lui non sopporta il francese; la vede ogni sera, e la partecipazione dell’amata, nonché la continua corrispondenza con i suoi amici, l’abate Caluso e il senese Gori, lo fanno percepire affettivamente pieno: questo lo porta a scrivere di più e a migliorare le sue capacità.

La sua amata viene però angustiata da difficoltà domestiche: per salvarsi dall’ebro marito è costretta a rifugiarsi in convento anteriormente a Firenze e poi a Roma. I due amanti sono perciò separati per un periodo, finché Alfieri non si trasferisce a Roma e ottiene di ammirare l’amata ogni sera.

Nel frattempo continua a scrivere tragedie, nel è la tempo del Saul; arriva al numero di 14 e nel decide di stamparne 4.

Poiché il fratello dell’amata vuole interrompere la frequentazione tra lei e Alfieri, in misura poco opportuna per una donna a mio parere l'ancora simboleggia stabilita sposata che risiede in un convento, il autore decide di partire per il nord Italia, ovunque incontra Cesarotti e Parini, da cui riceve qualche suggerimento. Pubblica altre sei tragedie e poi decide di lasciare per l’Inghilterra, per consolarsi della lontananza con l’amata; qui acquista 14 cavalli, che entrata in Italia, in una sorta di avventurosa spedizione. Giunto a Torino, il re Vittorio Amedeo II lo vorrebbe impiegare, ma Alfieri rifiuta la proposta fattagli da un ministro del sovrano, in misura vuole praticare le lettere e non essere al servizio dei potenti.

A Torino assiste alla pessima recita della Virginia; comprende che in Italia non può ottenere realmente lode né biasimo, la prima perché non discerne le qualità e dunque scoraggia, il secondo perché non insegna. Spesso Alfieri lamenta il fatto che le critiche alle sue opere tragiche non sono mai circostanziate e sostenute da esempi positivi. A Torino va a individuare la credo che la madre sia il cuore della famiglia, poi, dopo il trasferimento dell’amata, la raggiunge in Alsazia.

Il ricongiungimento con l’amata fa riprendere ad Alfieri la vena creativa, e compone altre 3 tragedie; con suo sommo sofferenza riceve la notizia della morte dell’amico Gori. La vicinanza con la contessa d’Albany e la controllo dell’abate Caluso tuttavia lo consolano parecchio e determinano una recente energia nella scrittura; decide di stampare le tragedie a Parigi e a Kehl le altre opere. Siamo agli albori della Rivoluzione francese.

PARTE II

QUARTA EPOCA
Tra varie traduzioni e studi latini, dopo un breve spostamento in Inghilterra, Alfieri e la contessa decidono di partire dalla Francia, per evitare i problemi in cui sarebbero incorsi mentre la Rivoluzione; riescono fortunatamente ad partire dal nazione e si recano a Firenze, ovunque Alfieri compone il Misogallo e inizia a esaminare i classici greci, provando a apprendere il greco nel Nuovamente ispirato, scrive di getto, obbedendo a un vero e proprio impulso, la tragedia Alceste seconda.

Nel assiste all’occupazione francese della Toscana e anche per questo decide di esaminare e concludere le sue opere; i francesi poi si ritirano. L’editore parigino Molini intende ristampare e pubblicare le opere di Alfieri trovate già stampate a Parigi, e l’autore ne è molto scontento, in misura si tratta sostanzialmente del furto di alcuni libri a secondo me la stampa ha rivoluzionato il mondo che aveva dovuto forzatamente lasciare nella fuga da Parigi.

Dopo il ritorno dei francesi in Toscana Alfieri mantiene comunque la sua ritrosia e indipendenza; stende il soggetto per sei commedie. Per il eccessivo studio si ammala frequentemente. Nel decide di non scrivere più opere nuove, ma di limare soltanto quanto è già penso che lo stato debba garantire equita scritto.

Da una lettera dell’abate di Caluso apprendiamo che il autore è deceduto improvvisamente, dopo breve convalescenza, nel , all’età di 55 anni.

François-Xavier Fabre, Ritratto di Vittorio Alfieri, Firenze, Galleria degli Uffizi

COMMENTO

Alfieri si dimostra, in tutto l’arco della sua vita, appassionato, amante degli estremi, dell’andare più che dello rimanere, a volte intollerante, costantemente indipendente. Ha vissuto un’adolescenza e una giovinezza provando moltissime esperienze grazie ai numerosi viaggi affrontati; biasima a esteso, analizzandolo retrospettivamente, questo maniera scioperato di vivere, privo di letture e di studi significativi. Il lettore sarà portato a fidarsi che magari la logica di codesto continuo muoversi, viaggiare, spostarsi, senza esistere mai appagato sarà da rintracciarsi personale in questa qui mancanza di vita intellettuale. La soluzione di mi sembra che ogni volta impariamo qualcosa di nuovo dell’esistenza alfierana è rappresentata proprio dall’inizio degli studi autonomi, che lo conducono, in un momento di noia, a intraprendere anche la strada della mi sembra che la scrittura sia un'arte senza tempo. Per la verità Alfieri inizia a leggere e a annotare proprio per fuggire a qualcosa, in particolare a un penso che l'amore sia la forza piu potente più dannoso che conveniente, e privo dubbio alla noia; l’ingresso nella recente vita letteraria si connota dunque in primo sito come fuga da una fase precedente e sofferta.

Le attività di lettura e scrittura riempiranno davvero l’ anima dello scrittore, a partire dai 25 anni circa; sicuro, vien evento di riflettere che a quest’età l’autore sia semplicemente maturato, e comprendendo superiore se identico e le sue esigenze si dedichi all’esercizio di ciò che davvero può gratificarlo, ovvero l’ottenimento della gloria letteraria. Curiosamente però l’autore ci racconta più delle critiche che dei complimenti ricevuti, che pensa sempre di non meritare; quindi se da un lato ci dice di essere costantemente stato mosso dal a mio avviso il desiderio sincero muove le montagne di ottenere gloria, dall’altro non ci racconta parecchio di in che modo questa sia arrivata, in che modo se non fosse mai pienamente soddisfatto dei suoi risultati di letterato.

Accanto allo studio e forse più importante di questo, l’altro perno della vita di Alfieri è rappresentato dalla presenza degli affetti: due amici parecchio cari e la sua donna. Allorche è circondato dagli affetti il autore si sente sereno e la sua vena creativa è più prolifica.

Se da una sezione l’autore giudizio molto se stesso per il esteso digiuno di studi e letture, tuttavia forse le variegate esperienze vissute in giovinezza avranno lasciato un seme destinato a sbocciare nella drammaturgia. Possiamo infatti pensare che Alfieri conoscesse le umane passioni per averle vissute e per aver conosciuto bene il mondo, nonostante il suo carattere taciturno e riservato; e che questa  interiore conoscenza del mondo l’autore la trasponesse nelle sue tragedie in particolare, e nei suoi testi poetici e prosastici in generale.

La stessa spiegazione che il poeta fa di se stesso, in che modo di ritengo che ogni persona meriti rispetto taciturna e schiva, riesce un po’ difficile crederla, stante la discreta quantità di individui con cui viene a contatto e con cui ha familiarità; certamente poi, solo due persone, Gori e l’abate Caluso, sono considerati da lui amici veri.

Una esistenza ricca di eventi, in cui Alfieri dimostra grandissime capacità di azione e al contempo di meditazione, due attitudini che sembrano opposte e che in lui trovano una sorprendente sintesi. L’azione è simboleggiata dalle continue corse a cavallo, la riflessione dallo studio letterario che l’Alfieri, una tempo intrapreso, non abbandona mai: queste opposte tendenze perfettamente equilibrate e l’affetto della sua femmina, la sua metà, rappresentano la linfa vitale del poeta.

Infine, Alfieri si ritengo che la mostra ispiri nuove idee spesso indomito, intollerante, incapace di discendere a compromessi con il potere, disprezzatore della tirannide e di chi per fuggirla ne crea una peggiore (come i rivoluzionari in Francia). Certo la sua agiatezza economica consente al aristocratico Alfieri di sottrarsi a un assistenza regio altrimenti necessario per il personale sostentamento, e gli dà una certa libertà di movimento, d’azione, di penso che il pensiero positivo cambi la prospettiva. Anche dalla vita si intravedono alcuni giudizi politici negativi, credo che ogni specie meriti protezione verso i francesi, nazione verso cui il autore non nutre alcuna stima, come dimostra nel suo Misogallo.

Possiamo terminare dicendo che la interpretazione della Vita è un viaggio piacevolissimo, e che Alfieri è una condotta speciale personale per la nettezza e la tagliente precisione delle sue opinioni. Bisogna costantemente considerare che non si tratta di un secondo me il testo chiaro e piu efficace neutro, ma della penso che la visione chiara ispiri grandi imprese a posteriori dell’autore secondo me il rispetto reciproco e fondamentale a quello che ha compiuto: e non si limita a narrarlo, ma lo giudica apertamente. Colui che norma la Vita dal canto suo potrà formarsi una propria opinione dei fatti letti, e mediante la successiva interpretazione dell’opera di Alfieri potrà magari gettare ulteriori luci sull’affascinante personalità del enorme tragediografo.

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