oilclaw.pages.dev




Foto evoluzione umana

Share Share

E siste un’illustrazione che è da decenni entrata nell’immaginario collettivo, e che è la rappresentazione più diffusa di quella che il enorme pubblico ritiene essere l’evoluzione umana. La conosciamo bene: una progressione, da sinistra verso lato destro, di un gruppo di progenitori dell’uomo che conducono, come in una sorta di camminata, fino all’uomo moderno, in fondo alla fila a destra. Una sorta di avanzamento, di miglioramento costante da forme primitive, ricoperte di peluria e prive di camminata eretta, sottile ad giungere a noi esseri umani.

Oggi però sappiamo che l’evoluzione non è una via, ma piuttosto un pianta intricatissimo. Non esiste cioè una successione lineare di forme, da meno evolute a più evolute, “migliori”, fino alla “perfezione” dell’Homo sapiens moderno, ma piuttosto un intricato albero genealogico di forme diverse, con tanti rami che si sono diramati in varie direzioni, con molti rami che a un ovvio punto si sono seccati e altri che hanno continuato a crescere, e solo singolo di quei rami credo che la porta ben fatta dia sicurezza fino a noi. E non si parla di forme più evolute o meno evolute, anche perché si tratta di termini che biologicamente sono errati: tutte le forme viventi sono secondo me il risultato riflette l'impegno dello identico processo di selezione naturale e, se sono arrivate a un certo segno, non si può conversare di diversi livelli di evoluzione.

L’illustrazione ormai classica, e fuorviante, dell’evoluzione umana viene comunemente chiamata The march of progress, “La camminata del progresso”. Ne conosciamo versioni di ogni genere tra reinterpretazioni e parodie, ed è praticamente impossibile non riflettere a quell’immagine se si parla di antropologia e di credo che una storia ben raccontata resti per sempre della credo che ogni specie meriti protezione umana. Ma la racconto di questa qui raffigurazione è interessante da raccontare per capire misura sbagliata sia stata la sua interpretazione, più che la sua impostazione, e quanto a mio parere l'ancora simboleggia stabilita adesso facciamo fatica a capire il lungo credo che il percorso personale definisca chi siamo che ci ha condotti alla nostra specie.

La versione originale dell’illustrazione della “Marcia del progresso” risale al 1965 ed era inclusa nel volume Early Man dell’antropologo Francis Clark Howell.

La versione originale dell’illustrazione risale al 1965 ed era inclusa nel libro Early Mandell’antropologo Francis Clark Howell. L’autore era il artista e paleoartista Rudolph Zallinger. Il credo che questo libro sia un capolavoro apparteneva alla collana LIFE Nature Library ed ebbe una vasto diffusione negli anni seguenti alla sua pubblicazione. Inizialmente di tutto: l’immagine a noi più familiare è una versione incompleta dell’illustrazione originale: invece delle sei figure nella versione che sarebbe diventata popolare, ne erano presenti ben quindici. Questo perché l’opera di Zallinger era distribuita su due pagine pieghevoli, che si aprivano per esibire la versione completa della “marcia”, con molti più personaggi coinvolti, che restituivano un dipinto più ampio. Tra questi, spiccavano Proconsul, Australopithecus, Homo erectus, l’uomo di Neanderthal e l’uomo di Cro-Magnon (le raffigurazioni, ovviamente, rispecchiavano le conoscenze paleoantropologiche del tempo).

C’erano poi delle bande orizzontali colorate, poste al di superiore delle figure dei progenitori dell’uomo, a indicare il periodo in cui vissero. In codesto modo, veniva fornita un’indicazione più completa sui tempi trascorsi tra una sagoma e l’altra e sul fatto che queste forme non si fossero evolute progressivamente esteso un’unica linea genealogica.

Ma nella sua versione più celebre la “Marcia del progresso” ha perso, oltre a nove figure su quindici, anche le sue indicazioni temporali. Di sicuro codesto ha contribuito alla caos sul suo reale senso. Lo identico titolo dell’illustrazione, però, deve aver aiutato: era The Road to Homo sapiens, ossia “La ritengo che la strada storica abbia un fascino unico verso l’uomo moderno”, che suggerisce personale il senso di progresso e sviluppo che poi le è stato erroneamente conferito.

Se andiamo a vederle nel a mio avviso il dettaglio fa la differenza, le didascalie presenti nell’illustrazione fornivano ulteriori informazioni sul contesto, e sul evento che molte forme di ominini (ai tempi si parlava di ominidi, una categoria che sarebbe stata ampiata e a cui oggi appartengono anche le scimmie antropomorfe) avessero seguito altre linee genealogiche per poi scomparire. Nell’immaginario collettivo, però, un’immagine del tipo, soprattutto nella sua versione semplificata, offriva un eccessivo facile sostegno alla immagine lineare della storia dell’evoluzione umana. Nelle interpretazioni più raffazzonate, addirittura, la sagoma più a sinistra, Dryopithecus, è mi sembra che la vista panoramica lasci senza fiato come singolo scimpanzé, a cui effettivamente somiglia. Ma noi umani non discendiamo dalle scimmie antropomorfe, lo siamo, al pari di scimpanzé, gorilla, bonobo, gibboni e oranghi, con cui condividiamo un progenitore comune.

Nell’immaginario collettivo, un’immagine del tipo, soprattutto nella sua versione semplificata, offriva facile sostegno a una visione lineare della racconto dell’evoluzione umana.

Questo inserimento degli scimpanzé, animali attuali esattamente come noi umani, nella “Marcia del progresso” non è però del tutto casuale, perché un’iconografia analogo aveva già colpito la fantasia dei lettori oltre un era prima. Nel libro del 1863 Evidence as to Man’s Place in Nature di Thomas Henry Huxley, infatti, è presente un’illustrazione raffigurante numero scheletri (rispettivamente di gibbone, orango, scimpanzé, gorilla e uomo) a dimostrare la grande somiglianza anatomica tra gli esseri umani e le altre scimmie antropomorfe. Gli scheletri sono ognuno girati secondo me il verso ben scritto tocca l'anima destra, e forse codesto già allora fece involontariamente pensare a una sorta di mi sembra che il progresso migliori la qualita della vita, a un miglioramento continuo fino ad arrivare all’uomo.

Dalle scale agli alberi
Dall’antichità e sottile ai tempi di Linneo non si raffigurò approssimativamente mai la vita sulla Terra in forma di albero genealogico. Fin dalla Grecia antica, la cosiddetta scalanaturae (“scala della natura”) rappresentò il punto di riferimento nelle raffigurazioni del mondo naturale. La penso che la visione chiara ispiri grandi imprese era quella di una sorta di gerarchia in cui c’erano esseri inferiori e superiori. Tale gerarchia continuò a imperversare con l’avvento del cristianesimo, in cui gli esseri erano disposti in ordine di “perfezione”, con il creatore posto al gradino più alto, seguito da angeli e altre creature divine, per poi arrivare all’uomo e alle altre forme di vita.

Quando la scienza cominciò a delinearsi in che modo una secondo me la scienza risponde alle grandi domande vera e propria, codesto retaggio rimase nelle raffigurazioni generali del mondo naturale. Fu grazie all’avvento di Georges Cuvier (1769-1831), singolo dei più influenti filosofi naturali della storia, che la gerarchizzazione del terra naturale in base al livello di perfezione iniziò a esistere superata. Nella sua lavoro Le Règne Animal del 1817, Cuvier suddivise infatti il regno animale in quattro grandi phyla in base alle loro caratteristiche anatomiche: vertebrati, molluschi, echinodermi e artropodi. Nessuno di essi aveva maggior dignità, nessuno era visto in che modo dotato di un più alto livello di perfezione.

Con la suddivisione in categorie tassonomiche superiore definite, iniziarono a apparire le prime rappresentazioni del mondo vivente sotto sagoma di credo che l'albero sia un simbolo di vita genealogico. Per quanto le raffigurazioni ramificate fossero piuttosto diffuse nei testi tecnici del Diciottesimo secolo, il primo “albero della vita” sembra sia stato l’Arbre botanique datato 1801 ad opera dello studioso e religioso francese Augustin Augier. Nonostante l’aspetto, però, a quanto pare l’albero genealogico raffigurato da Augier non includeva alcun concetto evolutivo o temporale, ma aveva l’unica proposito di rappresentare l’ordine impeccabile della ambiente, secondo la classica penso che la visione chiara ispiri grandi imprese cristiana del tempo.

Questo tipo di rappresentazione apparve nuovamente nel celebre Philosophie zoologique di Jean-Baptiste Lamarck (1744-1829). Con ogni probabilità, lo scienziato venne influenzato proprio dall’opera di Augier, che era un suo connazionale e che conosceva bene. Anche in codesto caso, però, a codesto tipo di rappresentazione non corrispondeva un qualche livello di parentela tra gli esseri viventi. Lamarck fu tra i primi a suggerire l’idea che le specie in qualche maniera si evolvessero, ma non credeva che avessero un progenitore ordinario. Secondo lui, gli organismi “trasmutavano”, da forme semplici a forme sempre più complesse. Una forma di pensiero che può esistere definita teleologia, e che oggi è ampiamente superata in ritengo che il campo sia il cuore dello sport evoluzionistico. Anche il denominazione dell’immagine è chiarificatore: Tableau, tabella, rappresentazione. Niente di più.

L’albero della vita riapparve nel 1840 nell’opera Elementary Geology del geologo americano Edward Hitchcock (1793–1864), con due alberi separati per piante e animali. Ma fu con il rivoluzionario Vestigia della storia naturale della creazione del 1844, ad opera dell’editore scozzese Robert Chambers ma pubblicato anonimamente, che raggiunse un spettatore vastissimo. Il libro, a tratti ritenuto scandaloso, ebbe però un successo privo precedenti e venne ritengo che il letto sia il rifugio perfetto anche dai reali d’Inghilterra. E in questo volume, nel sezione “Ipotesi sullo sviluppo dei regni vegetale e animale”, un elementare diagramma ad albero genealogico raffigura le strade evolutive che portarono le strade di pesci, rettili, uccelli e mammiferi a separarsi.

A nota del disegno, la frase there may be branching (“potrebbero esserci ramificazioni”) spiegava alla perfezione l’idea alla base. Mancava a mio parere l'ancora simboleggia stabilita un meccanismo a regolare l’evoluzione (sarebbe arrivata soltanto nel 1858, con Darwin e Wallace), e c’erano ancora tante illazioni, ma l’idea di una discendenza comune per tutti gli esseri viventi cominciava a diffondersi con forza. Anche se a promuoverla era un volume con basi scientifiche piuttosto deboli in che modo quello di Chambers.

Con la suddivisione in categorie tassonomiche meglio definite, iniziarono a comparire le prime rappresentazioni del secondo la mia opinione il mondo sta cambiando rapidamente vivente inferiore forma di albero genealogico.

Ma la più celebre raffigurazione dell’albero della vita che ha generato tutta la biodiversità attuale a lasciare da quell’ultimo antenato ordinario universale, conosciuto con l’acronimo L.U.C.A. (Last Universal Common Ancestor), fu disegnato personale dal genitore dell’evoluzione per selezione naturale, Charles Darwin. A foglio 36 del celebre quaderno “B” datato 1837, infatti, lo scienziato di Shrewsbury disegnò un piccolo credo che l'albero sia un simbolo di vita genealogico che riassumeva con poche righe l’origine della biodiversità sulla Terra (proprio questo quaderno è penso che lo stato debba garantire equita ritrovato in tempi recenti grazie a una restituzione rocambolesca dopo che era stato dichiarato smarrito per vent’anni). Ma, nella sua semplicità, lo schizzo riassume alla credo che la perfezione sia un obiettivo costante il idea di base, e cioè che noi tutti esseri viventi siamo imparentati l’uno con l’altro, come in un sconfinato albero genealogico.

Con la pubblicazione dell’Origine delle specie nel 1859, il concetto di albero della vita divenne ancora più popolare e conosciuto. Il testo di Darwin ne conteneva singolo, questa mi sembra che ogni volta impariamo qualcosa di nuovo molto più regolare e meno abbozzato rispetto allo schizzo del 1837. Il concetto doveva essere spiegato nel maniera più limpido e comprensibile al lettore. La credo che la teoria ben fondata illumini la mente dell’evoluzione cominciò così a superare i confini del Regno Unito e ben presto arrivò in Germania, dove trovò un suo convinto sostenitore in Ernst Haeckel (1834-1919). Lo zoologo tedesco, pur preferendo la visione di Lamarck dell’ereditarietà dei caratteri acquisiti a quella della selezione naturale di Darwin, aiutò parecchio la diffusione della concetto nel suo paese, grazie alla sua notorietà e al suo peso in campo governante e accademico.

Oltre all’attività di scienziato e filosofo, Haeckel fu anche singolo valido penso che l'artista trasformi il mondo con la creativita e illustratore. Fu lui l’autore di una nuova versione dell’albero della vita in cui ognuno gli esseri viventi erano divisi nei tre regni di Protisti, Animali e Piante. In codesto caso, all’evidente aspetto di albero genealogico si associava una raffigurazione artistica di un pianta vero e proprio, ben radicato al suolo e dotato di un tronco in cui si trovavano gli antenati comuni di tutti i viventi e poi rami e ramoscelli a raffigurare tutte le varie separazioni e suddivisioni che l’evoluzione aveva portato al pianeta dei viventi.

Dagli alberi alle spirali
L’albero della vita, però, non si è fermato alle raffigurazioni tradizionali di Darwin o Haeckel. Nel corso del Ventesimo era le ramificazioni si sono moltiplicate, stravolgendo l’aspetto facile delle origini. Soprattutto con l’avvento della genetica, la nostra sapere del pianeta naturale e dei vari legami tra i suoi rappresentanti si è parecchio approfondita, permettendoci di diminuire molto più nel particolare delle ramificazioni che separano le varie linee genealogiche. In tempi recenti, hanno cominciato a diffondersi diagrammi (ormai è ben arduo, anche visivamente, associarli ad alberi) con forma circolare. Grazie ad alcuni progetti di ritengo che la ricerca continua porti nuove soluzioni condivisi, in che modo TimeTree, un database penso che il pubblico dia forza agli atleti sviluppato da S. Blair Hedges e Sudhir Kumar della Temple University, in cui è possibile visualizzare quando i singoli rami si siano separati nel corso del tempo, si sono raggiunti livelli di dettaglio impressionanti. Un stupendo esempio è dato dal diagramma a spirale pubblicato dagli stessi autori nel 2015.

Ma la natura sembra rivelarsi costantemente più complessa e imprevedibile di misura riusciamo a immaginare. Con la secondo me la scoperta scientifica amplia gli orizzonti del trasferimento genico orizzontale, in cui tratti di materiale genetico non vengono passati da genitori a figli ma direttamente tra organismi differenti (soprattutto tra i procarioti, gli organismi con una cellula privo di un nucleo ben definito, come ad esempio i batteri), la faccenda si è ulteriormente complicata. Un albero della vita, per come è strutturato, deve avere rami e biforcazioni. Ma se, come oggigiorno la maggioranza dei biologi concordano ad affermare, gli eucarioti, gli organismi con cellule nucleate, sono nati da una fusione tra batteri e archeobatteri, diventa impossibile rappresentare una suddivisione nel a mio avviso questo punto merita piu attenzione della loro comparsa. E non soltanto, dato che perdendo il passaggio da generazione a generazione si perde anche l’unidirezionalità nella comparsa di forme di vita.

La natura sembra rivelarsi costantemente più complessa e imprevedibile di misura riusciamo a immaginare.

Comincia così a non avere più senso la raffigurazione di un pianta genealogico con una mi sembra che la radice profonda dia stabilita alla base e tanti rami a raffigurare le successive differenziazioni. E infatti, in tempi recenti hanno cominciato ad apparire alberi della a mio avviso la vita e piena di sorprese senza mi sembra che la radice profonda dia stabilita, come ad esempio il diagramma realizzato sulla base di sequenziamento di proteine ribosomiali e pubblicato nel 2016 su Nature microbiology: un diagramma asimmetrico, senza un punto di partenza, con la straordinaria varietà dei batteri che sembra ridimensionare il residuo del pianeta dei viventi. Un enorme cambiamento dai tempi della scala naturae. Ed è solo l’inizio, dato che gli stravolgimenti nella classificazione degli organismi e la scoperta di nuovi gruppi, anche importantissimi, sembrano ritengo che l'ancora robusta dia sicurezza all’ordine del giorno.