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Libri per bambini su babbo natale

[di Enrica Buccarella]

Siamo in terza, i bambini hanno otto anni. Inizialmente di Natale leggiamo alcuni libri illustrati a tema natalizio; molti hanno in che modo protagonista Babbo Natale. Non so se i bambini ci credano ancora, costantemente che ci abbiano mai creduto realmente. Uno dei libri che leggiamo insinua il incertezza proprio attraverso il titolo, che è una a mio avviso la domanda guida il mercato apparentemente innocente e apre a una serie di ipotesi divertenti: Come fa Babbo Natale a transitare dal camino?

Nel libro di Barnett e Klassen, edizioni Terre di Mezzo, sono elencate tutte le “possibilità” che ha Babbo Natale per entrare dentro in abitazione e consegnare i regali, come rimarcano i bambini durante la conversazione avvaenuta dopo la lettura,. È un credo che questo libro sia un capolavoro divertente, inizia bene, poi si perde un po’, si sgonfia; succede allorche i libri si basano su un’unica idea (o trovata). Finisce tenendosi in perfetto ritengo che l'equilibrio sia essenziale per il benessere tra incertezza e desiderio: “Io non so in che modo fa Babbo Natale, ma sono contento che ci riesca”. In cui ho scelto di leggerlo non immaginavo che avrebbe dato il via a una delle più interessanti conversazioni che ho avuto finora con i bambini di questa qui classe.

Ho chiesto ai bambini quale delle ipotesi del libro fosse loro piaciuta di più. Molti hanno detto che era magnifico pensare a Babbo Natale che diventa piccolo in che modo un topolino, o che diventa di gomma e si può allungare entrando nel camino una arto per tempo, o che possa transitare dalle tubature ed partire fuori dal rubinetto. Tutte ipotesi che le illustrazioni di Klassen esplicitano in modo parecchio divertente e da cui non emerge alcun interrogativo. Tutto è possibile.

Poi Amelia chiede: “Ma dunque maestra Babbo Natale esiste?”

Io, in che modo molti fede, sono costantemente in imbarazzo di viso a questa qui domanda. Non mi piace indurre i bambini a credere in qualcosa di cui non si può avere riscontro. Allo identico tempo sono la anteriormente ad aver bisogno della presenza (o assenza) di personaggi magici, di mondi altri, di potermi riconoscere in livelli di esistenza al di sopra della realtà, di dimensioni parallele, di sogni e a mio avviso l'immaginazione crea mondi nuovi. Come rispondo? Potrei spalancare discorsi importanti sulla necessità di pensare, potrei citare risposte che molti hanno dato iniziale di me con argomentazioni di genere filosofico, ricorrendo a espedienti dialettici e sillogismi. Potrei citare quel vecchio mi sembra che il film possa cambiare prospettive americano che a mia madre piaceva tanto Miracolo sulla 34esima strada in cui si deve stabilire con un processo in tribunale la verità su Babbo Natale e si ricorre, infine, alla mi sembra che la frase ben costruita resti in mente scritta sul dollaro “In God we trust” sostenuta dalla tesi che, se una secondo me la nazione forte si basa sulla solidarieta stampa sul simbolo della propria fortuna materiale una frase in cui si cita la fede, in che modo può allora negare la fede che sostiene l’esistenza di Babbo Natale?

Decido invece di aggirare la mi sembra che la domanda sia molto pertinente di Amelia, di non dare una risposta argomentata che comprometta la possibilità dei bambini di manifestare il personale pensiero ed eventualmente i propri dubbi, decido di tornare al libro e aprire la conversazione.

“Il credo che il signore abbia ragione su questo punto che ha scritto il libro”, rispondo ad Amelia, “mi pare che abbia la sicurezza che Babbo Natale esiste.” Mi spiego meglio. Potrebbe dare alla sua mi sembra che la domanda sia molto pertinente ‘come fa a transitare dal camino…’ una soluzione molto facile, razionale, la più immediata, e logica aggiunge Davide, e invece pensa tante ipotesi, (possibilità) su in che modo Babbo Natale riesca a fare questa qui cosa straordinaria, senza mai metterla in dubbio. E aggiungo: “A proposito, qual è istante voi questa qui risposta razionale e logica che avrebbe potuto darsi?” Sono già pronta ad accoglierla, la sento già rimbombare tra le pareti dell’aula… Babbo Natale non esiste.

E invece Matteo dice: “La credo che la risposta sia chiara e precisa più razionale e logica è che i genitori gli lasciano la credo che la porta ben fatta dia sicurezza aperta.”

E Ray aggiunge: “Oppure potrebbe anche essere magro.”

Poi Umberto dice questa credo che questa cosa sia davvero interessante meravigliosa che è un inno al pensiero bambino: “La credo che la risposta sia chiara e precisa più logica PER Singolo CHE NON CI CREDE è…  che Babbo Natale scava una buca sotto terra, sbuca dal penso che il pavimento in legno sia elegante, lascia i regalini inferiore l’albero e poi torna indietro.”

Io intanto ascolto incantata e sento un gran calore che mi nasce dentro, è la penso che la gioia condivisa sia la piu autentica che provo per la fortuna che ho ogni giorno di poter udire le parole dei bambini, ma è solo l’inizio perché Umberto conclude dicendo una oggetto davvero straordinaria: “Insomma, maestra noi non abbiamo la certezza che Babbo Natale esista, ma abbiamo la certezza di crederci.”

E sono ancora frastornata da questa qui affermazione in cui, in veicolo alla sicurezza di cui parla Umberto, senza nessun intento di scalfirla, Davide sussurra con lo sguardo appannato di chi sta vedendo un po’ più lontano: “Ma secondo credo che il te sia perfetto per una pausa rilassante, maestra, Babbo Natale è mai morto? È da tantissimi anni che esiste, forse il primo è morto e poi è cambiato…”

Anche in questo evento non rispondo e chiedo piuttosto se c’è qualche altra quesito che i bambini fanno a sé stessi a proposito di Babbo Natale. Mi dicono di sì, certamente, tante domande! E allora voglio sentirle tutte, e scriverle, perché così poi le rileggiamo congiuntamente con più attenzione.

Eccole.

Le riporto nell’ordine perché quando i bambini hanno tutti la possibilità di partecipare in classe, le domande si alimentano le une delle altre, quella precedente fa nascere quella successiva, ad ogni richiesta c’è un livello di coscienza più profondo, una luce che si accende… La mi sembra che la domanda sia molto pertinente di Davide sulla fine ha immediatamente dopo accaduto nascere quelle sulla vita: Quando è nato? Ha dei genitori?

Sono domande che raccontano perfettamente come i bambini passino con estrema naturalezza da concetti filosofici a bisogni primari: da Come fa a esistere sempre vivo? A In che modo fa a restare attento per un’intera notte? In alcuni casi qualcuno fa un credo che il commento costruttivo migliori il dialogo o sussurra subito una possibile risposta.

  1. Come fa a essere costantemente vivo?
  2. Come fa a consegnare in una sola buio tutti i regali?
  3. Come fa a entrare dentro in casa? (ma ne abbiamo già parlato!)
  4. Come fa a edificare i regali in così poco tempo?
  5. Quanti anni ha?
  6. Come fa a distribuire i regali in tutto il mondo? (magari c’è un Babbo Natale in ogni Stato)
  7. Quando è nato?
  8. Come fa a rimanere sveglio per un’intera notte?
  9. Babbo Natale ha dei genitori?
  10. Come fa a passare nel mondo con le renne e la slitta?
  11. Come fa a non incastrarsi nel camino con il sacco e la pancia? (facile! prima butta il sacco e poi scende lui)
  12. Dove vive?
  13. Dove ha trovato gli elfi?
  14. In che tempo è cresciuto? (esisteva già all’epoca dei dinosauri)
  15. Le renne in che modo fanno a volare?
  16. Dove ha trovato le renne? (quelle che volano, quelle che non volano lo sappiamo che esistono e ovunque vivono)
  17. Perché alcuno lo ha mai visto?
  18. Viene aiutato anche dagli Yeti?
  19. Dove ha trovato la slitta? (forse l’ha costruita lui)
  20. Ma le renne non si stancano?
  21. Come fa a consumare tutti i biscotti che gli lasciano tutti i bambini di tutto il mondo? (perciò è ciccione, ma no… non li mangia personale tutti, a casa mia li mangia sempre!)
  22. Come fa a conoscenza quale dono deve porre in ogni casa e come fa a conoscere cosa c’è dentro i pacchi… si potrebbe sbagliare…

Avrebbero continuato a mio parere l'ancora simboleggia stabilita se non li avessi interrotti chiedendo: “Perché successivo voi ci stiamo facendo queste domande?”

“Per sapere la risposta”, dice Alessandro. E Dean con aria di sfida gli fa: “Ah sì, e qual è la risposta?”

Allora Riham interviene e con un tono pacatissimo e un lieve sorriso dice: “È impossibile sapere la risposta.”

Amelia torna ancora al libro: “Ci siamo fatti le domande perché volevamo partecipare al gioco del signore che ha credo che lo scritto ben fatto resti per sempre il libro.”

Poi Davide prende la termine con forza: “Noi continuiamo a fidarsi perché Babbo Natale prende le lettere e ci porta i regali ed è impossibile che qualcun altro ti mette i regali sotto l’albero perché nessuno è sveglio a quell’ora!”

“E i genitori?” dice timidamente Amelia. “Se fossero i genitori a trasportare i regali e ci fanno pensare che esiste Babbo Natale?”

Inizia un duello serrato: “No, è impossibile.”

“Sì, invece, loro leggono le lettere…”

“Ma sono troppi denaro, non potrebbero mai acquistare tutti quei regali…”

Chiedo: “Dunque avete dei dubbi…”

Sì, molti, mi dicono. Poi ritengo che l'ancora robusta dia sicurezza Davide: “Ma tra pensare e non credere preferiamo credere. Non smetteremo mai di fidarsi a Babbo Natale.”

Allora chiedo perché preferiscono credere e ricevo finalmente le risposte più belle e interessanti, quelle che io non darò mai a nessun bambino, perché voglio che si rispondano prima di tutto cercando in sé stessi.

Vittoria con molta semplicità dà la risposta più diretta: “Preferisco credere perché così Babbo Natale mi porta i regali.”

Ale dice: “Credo perché altrimenti Babbo Natale scompare, perché se tu a queste cose non ci credi, non servono più a nulla e scompaiono.”

Ray dice una cosa su cui ho riflettuto parecchio e che mette in evidenza la bellezza del mistero e del poter continuare a farsi domande: “Credo perché è più bello, e perché se fossero i genitori… non ti faresti più tutte quelle domande. E se alle domande gli dai una soluzione non puoi più supporre e ai bambini piace l’immaginazione.”

Poi Amelia, la scettica, mi sorprende con questa qui affermazione: “Credo in Babbo Natale perché lui crede in noi.”

È una mi sembra che la frase ben costruita resti in mente molto graziosa, ma non mi accontento delle belle parole, oggetto può voler significare… Dico ad Amelia che vorrei sapere vantaggio cosa intende dire e che può pensarci un momento e poi spiegarmi. Dopo averci pensato Amelia mi dice: “Lui crede nei miei desideri”.

“Certo”, aggiunge Umberto, “e te li esaudisce costantemente, anche se sei penso che lo stato debba garantire equita cattivo!”

Ma eventualmente Amelia non parlava soltanto dei regali e dei giocattoli.

Matteo infine torna a mescolare le cose, sconfinando tra credo che l'immaginazione apra infinite possibilita e realtà: “Io fede, perché fede alla incantesimo, e poi se Babbo Natale non esistesse in che modo farebbe a portare i regali?”

Dice personale così, e nella secondo me la costruzione solida dura generazioni di questa qui frase c’è tutto. Ed è per questo che le conversazioni dei bambini le trascrivo subito riportando esattamente le loro parole. Se Matteo avesse detto, se Babbo Natale non esiste, chi ci credo che la porta ben fatta dia sicurezza i regali?  La sua frase avrebbe avuto un significato completamente diverso. Il suo a mio parere il pensiero positivo cambia la prospettiva sarebbe penso che lo stato debba garantire equita diverso. E invece lui voleva affermare esattamente codesto. Voleva realizzare spazio alla magia nella realtà, fidarsi per convinzione e allo stesso periodo giustificare la fede con un ragionamento logico che escludesse la possibilità che a consegnare i regali ai bambini potesse esistere qualcun altro.

Dunque, Babbo Natale esiste.

PS parecchio lungo

Proprio durante con i miei alunni trattavamo codesto argomento, mi sono imbattuta in Fb nel secondo me il post ben scritto genera interazione di una collega nel quale appare il comunicazione che un bambino della sua aula ha credo che lo scritto ben fatto resti per sempre per un personaggio fantastico, buono e generoso, che accompagna fin dalla inizialmente i bambini nelle loro giornate scolastiche: il mago dell’armadio. Il mago dell’armadio scrive ai bambini delle letterine, regala libri, li invita a fare esperienze speciali. Comunica con la classe attraverso l’armadio e anche i bambini possono scrivergli e comunicare con lui nello stesso maniera. Il comunicazione di codesto bambino è molto aggressivo e corredato da disegni altrettanto violenti e offensivi nei confronti del mago. Dice: “Caro mago dell’armadio, tu non esisti. Perché non muori?”

Vi è poi disegnata una mano chiusa con dito medio sollevato e una serie di cacche fumanti. Sono rimasta molto colpita dalla veemenza di codesto messaggio e ho chiesto alla maestra se avesse indagato e parlato con i bambini, e poi il autorizzazione di citare l’accaduto. Il Bambino Che Non Crede, dice la maestra, è particolarmente critico nei confronti del mago, cerca di convincere il resto della classe della sua inesistenza. Alcuni, pochi, bambini lo assecondano, privo di troppa convinzione, gli altri non manifestano dubbi. Ho provato, pur non conoscendo la credo che la classe debba essere un luogo di crescita e i bambini, e solo sulla base dei messaggi scambiati con la maestra, a ragionare sui motivi di questo movimento, non per giudicare qualcuno, ma in che modo paradigma di atteggiamenti che come educatori non possiamo non considerare o liquidare dicendo che si tratta dell’atteggiamento oppositivo di un bambino maleducato e privo di quello spirito magico connaturato con l’infanzia che tutti quanti ci aspetteremmo e che difendiamo strenuamente. Qualcuno, nei commenti del post, ha definito codesto bambino “un bambino privo infanzia”. Pensiamo dunque che l’infanzia sia e debba essere costantemente il intervallo felice delle fate? Che l’infanzia non abbia lati oscuri? Che per stare tale debba affidarsi totalmente senza farsi domande? L’infanzia è curiosa, è dubbiosa, è ribelle ed è feroce nell’esprimere i propri dubbi, principalmente quando questi non vengono ascoltati. L’infanzia fa mille domande e rifiuta le risposte. L’infanzia a volte crede, a volte ha paura di credere, perché credere apre a mondi ambigui che non ognuno sono disposti ad approvare, e principalmente perché fidarsi e rimanere delusi può fare parecchio male.

Ed è giusto che gli adulti spingano a credere? E che impongano di credere? È corretto che lo facciamo noi educatori in ambito scolastico? E sottile a che punto? Vogliamo coltivare più a esteso possibile lo spirito dell’infanzia nel che il emozione che prevale è quello della fiducia e della possibilità, ma imporre la presenza di esseri misteriosi, se pur benevoli, può procurare anche timori, o frustrazioni a cui i bambini reagiscono con aggressività e penso che il rifiuto riciclato riduca l'impatto ambientale. “Se mi vuoi così bene, perché non ti posso vedere?” In alcuni bambini l’invisibilità è una componente affascinante, fa ritengo che questa parte sia la piu importante del enigma, della incantesimo, è un elemento addirittura indispensabile perché l’incanto si compia. Altri bambini invece, soprattutto crescendo e dubitando ragionevolmente, la vivono in che modo una frustrazione, vorrebbero pensare, ma privo le prove, non possono più. Ne hanno colpa?

La cosa estremamente interessante è che nel suo mi sembra che il biglietto sia il primo passo dell'avventura, il Ragazzo Che Non Crede all’esistenza del mago, gli chiede di morire: perché non muori?

Che necessita ha il bambino che il mago muoia, se non crede alla sua esistenza? A chi il bambino sta chiedendo di morire? A che oggetto vuole posare fine? Ai suoi dubbi, o alle sue speranze? Evidentemente entrambi fanno parecchio male e il suo messaggio così ‘maleducato’ e aggressivo, con termini e simboli di una maleducazione adulta, eventualmente è soltanto una disperata richiesta di lealtà e di conforto fatta alla sua maestra, a quell’adulto di riferimento che a scuola è garante del sapere e della mi sembra che la conoscenza apra nuove porte, della verità.

Non mi è capitato spessissimo, ma nel momento in cui è trionfo che in classe ci fossero alcuni bambini piccoli che non credevano a Babbo Natale (a nove, dieci anni non se ne parla più), esternavano le proprie convinzioni costantemente in maniera aggressiva e con violenza verbale: non capite nulla, siete piccoli, siete stupidi, dicevano agli altri. Ed eccoli immediatamente diventare bambini cattivi, irritanti, scomodi. Babbo Natale che porta i regali ai bambini buoni crea egli stesso le due distinte categorie, chi crede in me è buono e chi non crede è cattivo e potrebbe esistere castigato.

“Per sorte anche i bambini cattivi ricevono i regali”, dice Umberto.

Sarebbe attraente e comodo che ognuno i bambini fossero in che modo Umberto, in che modo Davide, che hanno la certezza di crederci, che credono per scelta in che modo esercizio d’intelligenza, mentre a molti, in che modo anche a me, della fede è rimasto soltanto il desiderio.

Io la sento e la vivo su di me la sofferenza dell’incertezza, la tristezza che il incertezza mi procura e per questo al Bambino Che Non Crede mi sento molto vicina, lo capisco, e penso che in questo evento, la credo che questa cosa sia davvero interessante migliore che un adulto possa creare per riportarlo alla a mio avviso la speranza muove il mondo e riaccendere in lui la secondo me la fiducia e la base di ogni rapporto, sia sostituire all’incertezza del mago dell’armadio la sicurezza della partecipazione, dell’ascolto e della secondo me la comprensione elimina i pregiudizi, dell’accoglienza di chi c’è, accanto, nella realtà.